JULIUS FARMER,
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C'è un aneddoto simpatico, a proposito del brano “Spicchio di luna” nel live di Caputo. Ancora ragazzino, ascoltai l'album in cassetta e rimasi sconvolto dal suono del basso all'inizio del brano. Non avevo mai sentito qualcosa di così “spesso” e al tempo stesso liquido, e lo trovai di grande sensualità. Alla fine dell'incipit di Julius, Caputo introdusse il musicista, ed io capii “GIULIO SPARNA AL BASSO”, per cui mi misi a caccia -all'epoca no internet- di questo fantastico bassista. Niente. Solo successivamente dipanai l'enigma, grazie a ripetuti ascolti del disco, e mi diedi del coglione.
Da quel giorno, in ogni caso, non ho più abbandonato Julius. Al punto che per omaggiarlo ho chiamato il protagonista del mio primo libro “Luca Sparna”. Omaggio un po' criptato, ma era tutto per Julius.
Da quel giorno, in ogni caso, non ho più abbandonato Julius. Al punto che per omaggiarlo ho chiamato il protagonista del mio primo libro “Luca Sparna”. Omaggio un po' criptato, ma era tutto per Julius.
Gli anni settanta e ottanta, anche in Italia, sono stati un ricettacolo formidabile di dotatissimi bassisti di studio e turnisti importati. In Italia ricordo velocemente Dino D'Autorio, Stefano Cerri, Nanni Civitenga, Paolo Donnarumma, Dino Kappa dei Libra, Pino Presti, Bob Callero, Davide Romani, Gigi Cappellotto solo per citarne alcuni. Abbiamo importato musicisti del calibro del grande, indimenticato Hugh Bullen e Tony Walmsley che suonò benissimo nel primo storico disco dei Napoli Centrale di Senese e Del Prete. La Francia ha contribuito con una scuola bassistica da infarto, capitanata da Jannick Top, capace di alchimie impossibile con i Magma e di potentissimi groove in innocui lavori pop e chanson, ma la lista di “basseurs” sarebbe lunghissima.
Gli Stati Uniti, solo per fare un nome, hanno prodotto probabilmente il più dotato bassista elettrico da studio degli ultimi trent'anni, e cioè Neil Stubenhaus, che è riuscito ad impreziosire persino lavori scialbi e orientati alle fm americane.
Due lustri magnifici dunque per il basso elettrico nella sua silenziosa emancipazione da studio, lontana dallo stardom di Pastorius, Clarke o Berlin.
Julius Farmer, scomparso prematuramente il 2 novembre del 2001 a soli 52 anni, era un accompagnatore e un musicista di gusto sopraffino, intelligente, regolare ma creativo. Devo a lui una larga fetta di responsabilità circa la mia folgorazione per lo strumento elettrico, e ancora oggi nei dischi pop mi aspetto giri di basso sconfinati che invece, ma prevedibilmente, non arrivano mai.
Julius Farmer merita una riscoperta, se avrete la pazienza di ascoltare dischi di autori che magari mal sopportate o ignorate; se si ama il basso elettrico il lavoro dei turnisti è fondamentale per comprenderne le basi, il funzionamento, lo sviluppo e il range sonoro, pur senza perdersi in inutili e funambolici assolo.
Conviene ascoltare dischi di Ivan Graziani (Hugh Bullen), Pino Daniele (Rino Zurzolo, Jeremy Meek, Alphonso Johnson, Pino Palladino), Nino Buonocore (ancora Meek e Palladino), Riccardo Cocciante e Loredana Berté (Dino Kappa), Mina (Massimo Moriconi, Riccardo Fioravanti) e tantissimi altri.
La scuola italiana è certamente ragguardevole.
Non dimentichiamo che l'Italia ha prodotto anche bassisti come il compianto Stefano Cerri, e che siamo accerchiati da bassisti elettrici validissimi, Francesco Puglisi, Cesare Chiodo, Luca Pirozzi, Marco Gallesi, Aldo Mella, Franco Cristaldi, Gigi De Rienzo, Aldo Mercurio, Tiziano Ricci, Pier Michelatti, Paolo Costa, Roberto Drovandi, Dino D'Autorio, Pierino Montanari, Marco Nanni, Gigi Cappellotto, Paolo Donnarumma, Davide Romani, Guido Guglielminetti, Andrea Castelli, non si finisce più.
Da ragazzo impazzivo per Jaco, Marcus Miller, Stanley Clarke ed in genere i virtuosi tout-court; oggi sono più interessato al groove che a un certo esibizionismo derivativo. Non apprezzo più tanto facilmente fusion band anacronistiche e masturbazioni di tapping e slap, anche se un basso virtuosistico e potente è sempre molto eccitante.
Quando riascolto “Spicchio di luna” ripenso sempre a Julius Farmer aka Giulio Sparna, mi sarebbe piaciuto molto conoscerlo, chiedergli com'è che si fa a brillare di luce propria pur rimanendo nelle retrovie, e rendere aurei contesti di tutt'altra pasta, acclamati e rispettati dagli addetti ai lavori ma ignorati dal pubblico medio, quello più numeroso e rumoroso.
Posso dire senza ombra di dubbio, allora, che Julius Farmer è stato il bassista più importante della mia "prima" vita, quello che ha innescato la miccia. È grazie a lui se mi sono innamorato del basso elettrico, scegliendo deliberatamente di approfondirne esecutori e contesti senza diventare musicista; rimarrà probabilmente uno dei rimpianti della mia vita non essere diventato un bassista, ma evidentemente mi sentivo più al sicuro con la scrittura, e sarà il tempo a dirmi se la mia fu una scelta saggia. Del resto, è probabile che se avessi suonato non avrei avuto a disposizione il tempo e l'entusiasmo di scoprire, approfondire, andare a caccia dei tanti signori del quattro corde.
Ciao Julius, con rispetto e gratitudine, spero di avere una guest card per il paradiso dei bassisti e incontrarti.
Luca De Pasquale, 13 novembre 2013
Quando riascolto “Spicchio di luna” ripenso sempre a Julius Farmer aka Giulio Sparna, mi sarebbe piaciuto molto conoscerlo, chiedergli com'è che si fa a brillare di luce propria pur rimanendo nelle retrovie, e rendere aurei contesti di tutt'altra pasta, acclamati e rispettati dagli addetti ai lavori ma ignorati dal pubblico medio, quello più numeroso e rumoroso.
Posso dire senza ombra di dubbio, allora, che Julius Farmer è stato il bassista più importante della mia "prima" vita, quello che ha innescato la miccia. È grazie a lui se mi sono innamorato del basso elettrico, scegliendo deliberatamente di approfondirne esecutori e contesti senza diventare musicista; rimarrà probabilmente uno dei rimpianti della mia vita non essere diventato un bassista, ma evidentemente mi sentivo più al sicuro con la scrittura, e sarà il tempo a dirmi se la mia fu una scelta saggia. Del resto, è probabile che se avessi suonato non avrei avuto a disposizione il tempo e l'entusiasmo di scoprire, approfondire, andare a caccia dei tanti signori del quattro corde.
Ciao Julius, con rispetto e gratitudine, spero di avere una guest card per il paradiso dei bassisti e incontrarti.
Luca De Pasquale, 13 novembre 2013
DISCOGRAFIA CONSIGLIATA:
Farmer/Pillot – Brother Man (solo vinile, Carosello) Sergio Caputo – Ne approfitto per fare un po' di musica live; Alberto Radius – Carta straccia; Giorgio Gaslini Quartet - New Orleans Suite; Dado Moroni - Jazz Piano; VVAA – Atlas Ufo Robot (ristampato dalla Wea Italiana in cd); Wild Magnolias – They call us wild; Franco Battiato – L'era del cinghiale bianco; Umberto Balsamo - Crepuscolo d'amore; Renato Sellani – A nostro modo; Riccardo Zappa – Celestion; Riccardo Zappa – Chatka; Johnny Dorelli – Giorgio; Faust'O – Poco zucchero; Vince Tempera - Strike Up The Band; Fabio Concato – Zio Tom; Silvio Donati – Blue serenade; Rocchi/De Piscopo – Metamorphosis; Benjamin Franklin Group – Rock'n'Roll (45 giri) Julius Leroy Farmer è sepolto nel cimitero di Stockade, Baton Rouge, Louisiana. |
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