INTERVISTA
A
PIER MICHELATTI
(Fabrizio De Andrè, Enzo Jannacci, Vasco e molti altri...)
A
PIER MICHELATTI
(Fabrizio De Andrè, Enzo Jannacci, Vasco e molti altri...)
«Registrare non è come suonare live, in studio si sente tutto, la minima imprecisione viene amplificata, e anche se io preferisco un po’ di “sporcizia”, quello che consiglio è di applicarsi sotto quest’aspetto, cercando di mantenere però un minimo di qualità interpretativa, insomma, di non suonare come un basso midi...» |
Bass, My Fever ritorna, dopo gli strali del Coronavirus, con un’intervista che tenevamo molto a pubblicare, quella che Pier Michelatti ci ha rilasciato l’anno scorso.
Collaboratore fondamentale di Fabrizio De André, parte integrante di dischi e progetti di nomi quali Enzo Jannacci, Vasco Rossi, Giorgio Gaber, Fiorella Mannoia, Adriano Celentano, Anna Oxa, Roberto Vecchioni, Loredana Bertè e tantissimi altri, Pier Michelatti è un bassista estremamente espressivo, con un approccio strumentale raffinato e potente al contempo. Turnista di rara intelligenza, Pier è uno dei musicisti che ha contribuito in modo decisivo all’emancipazione del basso elettrico in Italia, senza mai ricorrere a manierismi o involontarie clonazioni.
Ricercatissimo e stimato dai migliori, Pier è uno di quei musicisti “puri” che noi di Bass, My Fever reputiamo fondamentali, la cui storia è di grande interesse e anche di insegnamento per chi volesse approcciare lo strumento con una visione estremamente lucida e costruttiva.
Collaboratore fondamentale di Fabrizio De André, parte integrante di dischi e progetti di nomi quali Enzo Jannacci, Vasco Rossi, Giorgio Gaber, Fiorella Mannoia, Adriano Celentano, Anna Oxa, Roberto Vecchioni, Loredana Bertè e tantissimi altri, Pier Michelatti è un bassista estremamente espressivo, con un approccio strumentale raffinato e potente al contempo. Turnista di rara intelligenza, Pier è uno dei musicisti che ha contribuito in modo decisivo all’emancipazione del basso elettrico in Italia, senza mai ricorrere a manierismi o involontarie clonazioni.
Ricercatissimo e stimato dai migliori, Pier è uno di quei musicisti “puri” che noi di Bass, My Fever reputiamo fondamentali, la cui storia è di grande interesse e anche di insegnamento per chi volesse approcciare lo strumento con una visione estremamente lucida e costruttiva.
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BMF: Iniziamo proprio dai tuoi primi passi. Come sei arrivato al basso elettrico e perché lo hai scelto?
Pier Michelatti: A differenza di tanti bassisti che hanno cominciato con la chitarra per poi passare allo strumento a 4 corde, io ho iniziato subito con il basso.
Ricordo che all’età di 12 anni quando frequentavo le scuole medie, alcuni amichetti formarono un gruppo… mancava il bassista e io mi offrii per suonare questo magnifico strumento. In seguito scoprii che ero fatalmente attratto dalle basse frequenze e tutto andò avanti in modo naturale, spontaneo.
BMF: Quali sono state le tue prime influenze e, più in generale, quali musicisti sono stati per te fondamentali come ispirazione?
PM: Le prime influenze che mi diedero un indirizzo di come desiderassi suonare il basso vennero dalla musica Soul, ne ascoltavo tantissima, ignaro che tante volte stessi ascoltando dei “padri” dello strumento quali James Jamerson o Chuck Rainey. Tra gli italiani mi ha influenzato moltissimo Pino Presti, per chi non lo conoscesse basta che si ascolti "Libertango" di Astor Piazzolla per apprezzare il suo playing.
Dopo un po’ di anni arrivò Pastorius, il quale diede una svolta epocale allo strumento; Jaco è stato una pietra miliare per il nostro strumento, ciononostante, l’ho ascoltato molto, analizzato sin nei minimi particolari e sfumature, stando attento a non incorrere nell’errore fatale di volerlo imitare, primo perché secondo me è sempre meglio – anche in modo semplice o naïf – mantenere la propria personalità, secondo poi perché anche volendolo imitare, Jaco è inarrivabile.
Pier Michelatti: A differenza di tanti bassisti che hanno cominciato con la chitarra per poi passare allo strumento a 4 corde, io ho iniziato subito con il basso.
Ricordo che all’età di 12 anni quando frequentavo le scuole medie, alcuni amichetti formarono un gruppo… mancava il bassista e io mi offrii per suonare questo magnifico strumento. In seguito scoprii che ero fatalmente attratto dalle basse frequenze e tutto andò avanti in modo naturale, spontaneo.
BMF: Quali sono state le tue prime influenze e, più in generale, quali musicisti sono stati per te fondamentali come ispirazione?
PM: Le prime influenze che mi diedero un indirizzo di come desiderassi suonare il basso vennero dalla musica Soul, ne ascoltavo tantissima, ignaro che tante volte stessi ascoltando dei “padri” dello strumento quali James Jamerson o Chuck Rainey. Tra gli italiani mi ha influenzato moltissimo Pino Presti, per chi non lo conoscesse basta che si ascolti "Libertango" di Astor Piazzolla per apprezzare il suo playing.
Dopo un po’ di anni arrivò Pastorius, il quale diede una svolta epocale allo strumento; Jaco è stato una pietra miliare per il nostro strumento, ciononostante, l’ho ascoltato molto, analizzato sin nei minimi particolari e sfumature, stando attento a non incorrere nell’errore fatale di volerlo imitare, primo perché secondo me è sempre meglio – anche in modo semplice o naïf – mantenere la propria personalità, secondo poi perché anche volendolo imitare, Jaco è inarrivabile.
BMF: Hai collaborato fecondamente con grandi artisti come Fabrizio De André, Fiorella Mannoia, Celentano, Vasco Rossi, Bocelli, Zucchero, Jannacci, Gaber e tanti altri, hai suonato con i principali nomi della musica italiana. Quali sono stati gli incontri che anche umanamente ti hanno lasciato di più?
PM: La risposta qui è semplice, sotto l’aspetto umano solamente tre: Fabrizio De André, Enzo Jannacci e Vasco. Gli altri non mi hanno lasciato nulla… anzi, qualcuno sotto quest’aspetto mi ha deluso. Però, come dico spesso bisogna sempre distinguere l’artista dalla persona e non sempre i due aspetti coincidono.
PM: La risposta qui è semplice, sotto l’aspetto umano solamente tre: Fabrizio De André, Enzo Jannacci e Vasco. Gli altri non mi hanno lasciato nulla… anzi, qualcuno sotto quest’aspetto mi ha deluso. Però, come dico spesso bisogna sempre distinguere l’artista dalla persona e non sempre i due aspetti coincidono.
BMF: Non posso non chiederti un ricordo personale di Pino Daniele… PM: Guarda… Proprio poco tempo fa su di un social ho commentato il mio rammarico di non aver avuto il tempo di conoscerlo appieno, in quanto ho fatto solo un tour con lui, tra l’altro condividendo il palco con altri tre artisti, però mi è sembrato nu brav uaglion, uno “vero”. |
BMF: Qualcuno ha detto che Fabrizio De André non era solo un grande uomo ed artista, ma “una filosofia di vita”. Il tuo rapporto con Faber?
PM: Dopo qualche anno che Bicio (così lo chiamavo) se n’era andato, Dori Ghezzi mi chiamò dicendomi che mettendo a posto le sue cose in uno scaffale, trovò un suo manoscritto a me dedicato. Essendo un intimo pensiero ero restìo a pubblicarlo sul mio sito o sul mio profilo social, poi un altro musicista storico di Fabrizio mi disse: “Pier pubblicalo… Fabrizio ci ha dato tanto, ma è giusto che il pubblico sappia quanto i suoi musicisti hanno dato a lui”. Così l’ho pubblicato, anche perché questo scritto uscì poi edito su un libro che la “Fondazione De André” fece uscire. |
Il mio rapporto con Bicio…beh… non basterebbero 20 pagine a descriverlo, almeno come l’ho vissuto io. Quel che posso dire semplicemente, è che mi ha insegnato a guardare il mondo e la vita da varie angolazioni senza mai soffermarmi su una sola. Inoltre il nostro rapporto non si limitava alla collaborazione artistica, si era veramente amici, tanto che ci si vedeva anche al di fuori dei canonici tempi di lavorazione di un disco o di un tour. A questo proposito, vorrei spiegare perché nell’ultimo tour (quello del Brancaccio) io non sia presente. Registrai Anime Salve, poi feci la prima parte del tour, quella nei palasport; in seguito Fabrizio invitò a cena me e altri due musicisti per assicurarsi che ci fossimo anche per la prosecuzione del tour nei teatri, poi per un malinteso con un impresario io ed il batterista firmammo con un’altra artista e mancammo quel tour. Ricordo che Bicio mi chiamò abbastanza stizzito per il fatto che non ci fossi, gli spiegai che la colpa non era mia, ma dell’impresario che organizzava il suo tour, che tra l’altro era anche l’impresario che ci fece firmare per quell’altra artista, lui comprese e mi chiese addirittura scusa. Mi sostituì con un ottimo bassista (oltre che splendida persona) e pensai che non mi avrebbe mai più richiamato.
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Quando venne per un concerto nella mia città andai a trovarlo e nei camerini mi disse: “Hoi Pier ! Mi hanno invitato per un tour in Russia, non è che anche questa volta mi tiri il bidone eh?”. Purtroppo quel tour non si fece mai. Fabrizio mi ha lasciato molto, per me era come un fratello maggiore.
BMF: Hai mai considerato l’opzione di un album solista?
PM: No.
PM: No.
BMF: Hai suonato e co-prodotto un album molto particolare di Edoardo Bennato, “Kaiwanna” (una delle prime cassette che ho acquistato, nds), che rappresenta tutto sommato un episodio “differente” nella discografia di Bennato. Cosa puoi raccontarci di quell’esperienza?
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PM: Ti spiego… quell’album di Edo, doveva essere prodotto da un importante produttore internazionale – prevalentemente rock – che aveva appena finito di produrre un album degli U2, ma sopraggiunto un impegno che non poteva rifiutare, si trovò obbligato a rinunciare all’album di Edo. Così la produzione artistica di quell’album venne affidata a Mauro Spina, Luciano Ninzatti e al sottoscritto. Dirottammo Edo (col suo consenso ovviamente) verso una dimensione molto più rock, ma il disco non venne capito dai suoi vecchi fans, i quali volevano il solito Bennato con armonica e chitarra, tanto che la nuova strada intrapresa finì lì. Peccato, a volte i fans, se l’artista non ha la personalità di imporre il nuovo momento che sta vivendo, fanno dei danni letali. Dopo quell’album, Edo pubblicò “Viva la Mamma”, io uscii dal gruppo e tutto svanì. Peccato.
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BMF: Tutti i dischi in cui hai suonato hanno un approccio bassistico che non è solo “aureo turnismo”. Cosa consiglieresti oggi ad un giovane bassista rispetto alle mansioni di sessionman?
PM: Registrare non è come suonare live, in studio si sente tutto, la minima imprecisione viene amplificata, e anche se io preferisco un po’ di “sporcizia”, quello che consiglio è di applicarsi sotto quest’aspetto, cercando di mantenere però un minimo di qualità interpretativa, insomma, di non suonare come un basso midi. Lo studio, la registrazione sono più che altro una questione di abitudine. |
Sotto l’aspetto meramente professionale, un consiglio che mi sento di dare, è quello di farsi sempre i fatti propri (a meno che non si venga coinvolti nell’arrangiamento) stare sempre muti ed eseguire quello che viene richiesto o che è scritto. Nel cercare di imporre la propria personalità musicale, se non richiesta, si passa per rompiscatole e si corre il rischio di non essere più richiamati.
BMF: Alcuni addetti ai lavori continuano a sostenere che dopo Jaco (e relativi epigoni) la rivoluzione del basso elettrico sia ormai compiuta. Un’altra scuola di pensiero etichetta come “datata e orba” questa considerazione. Qual è la tua opinione? Lo strumento può ancora evolvere espressivamente?
PM: Jaco indubbiamente è colui che ha rivoluzionato il nostro strumento: l’ha reso più melodico, più ritmico, più fantasioso, inimitabile sì, però ha dettato una via che tanti hanno seguito, vedi Palladino che in un’intervista dice di aver studiato tantissimo Jaco per poi applicare a questo studio la sua personalità, secondo me riuscendoci benissimo. |
Certo però lo strumento secondo me è sempre in evoluzione, ci mancherebbe si fermasse a Jaco!
BMF: Quando comparve sulla scena l’Elektric Band di Chick Corea, che la critica jazz bocciò senza scampo e sconti, impazzò per un bel po’ la moda del basso a sei corde per emulazione verso John Patitucci, il quale da alcuni anni è molto più avvezzo allo strumento acustico e al jazz puro. Cosa pensi in assoluto dei bassi di moda oggi, che oltrepassano anche le sei corde?
PM: Rispetto tutte le idee, ma per me si può fare di tutto anche con un 4 corde, vedi Dario Deidda, uno dei bassisti che ammiro di più al mondo. A volte uso un 5, ma solamente perché me lo chiedono o magari perché devo fare qualche solo dove mi serve la quinta come basso su degli accordi che sviluppo sulle altre 4 corde. |
BMF: Che rapporto hai con il contrabbasso?
PM: Il contrabbasso? Quel fagottone grande grande faticosissimo da suonare? Lol… Ovviamente scherzo… Ho conseguito il V anno, il classico diplomino in contrabbasso al Conservatorio “A. Vivaldi” di Alessandria, ora però sono anni che non ne tocco uno, ho capito che non fa per me, meglio essere onesti con se stessi.
PM: Il contrabbasso? Quel fagottone grande grande faticosissimo da suonare? Lol… Ovviamente scherzo… Ho conseguito il V anno, il classico diplomino in contrabbasso al Conservatorio “A. Vivaldi” di Alessandria, ora però sono anni che non ne tocco uno, ho capito che non fa per me, meglio essere onesti con se stessi.
BMF: Potresti parlarci della tua strumentazione attuale e, più in generale, di marche e modelli che hai scelto in passato?
PM: Spesso vedo dei ragazzi sui social che cambiano strumento un giorno sì e l’altro pure, e mi scappa un sorriso, perché rivedo me stesso 30 anni fa.
Vorrei dir loro che non serve a nulla, ma è giusto che facciano il loro percorso e che arrivino da soli a capire che il suono è quello che tu sei, è quello che hai in testa e gira e rigira sempre quello tirerai fuori, da non confondere con il timbro: il timbro è una cosa, il suono ne è un’altra.
PM: Spesso vedo dei ragazzi sui social che cambiano strumento un giorno sì e l’altro pure, e mi scappa un sorriso, perché rivedo me stesso 30 anni fa.
Vorrei dir loro che non serve a nulla, ma è giusto che facciano il loro percorso e che arrivino da soli a capire che il suono è quello che tu sei, è quello che hai in testa e gira e rigira sempre quello tirerai fuori, da non confondere con il timbro: il timbro è una cosa, il suono ne è un’altra.
Ho avuto tutti i bassi e ampli possibili e immaginabili, una volta accortomi che il suono era sempre più o meno lo stesso, ho mollato. Ora ho 2 Fender Jazz uno del ‘65 fretless e uno del ‘66 con i tasti, un Fender Jazz Elite 5. Tre strumenti bastano e avanzano. Ho un vecchio Ampeg che non uso quasi mai perché vado direttamente nell’impianto per i live e nel mixer per quanto riguarda le registrazioni.
Poi - nota dolente - ci sono le pedaliere…
Ho un’idea precisa a tal proposito. Quando vado in un ristorante famoso per servire del buon pesce, ordino sempre il pesce nature, nel senso che lo voglio cucinato senza nulla, senza spezie o accorgimenti vari. Dico sempre allo chef di prendere il pesce e metterlo sulla piastra così com’è. In questo modo si può verificare se il pesce è buono e fresco o no. Con le spezie, salse e balle varie, il gusto del pesce viene alterato, e a me piace il gusto del pesce al naturale. Per il suono del basso più o meno secondo me vale lo stesso discorso: se si ha un bel suono, con i soli basso, jack e ampli lo si ottiene ugualmente; con mille talabattolini (così li definisco i pedalini) secondo me si corre il rischio di inficiare il proprio bel suono, se lo si possiede, o “confonderlo” se se ne possiede uno che è una ciofeca. Sta di fatto che dal vivo uso un pre valvolare, un chorus, un delay e nulla più. Ovviamente rispetto i gusti e le scelte di tutti e se qualcuno decide di usare duemila pedalini e affittare un furgone solamente per portarsi in giro una pedaliera… prego, si accomodi… Lol |
BMF: Ho lavorato per più di venti anni nei negozi di dischi e ho assistito alla disgregazione tanto del supporto, quanto del mercato e della richiesta. Oggi, con le vendite dei cd in progressivo decadimento, c’è un ritorno al vinile. In più, tantissimi e validi musicisti italiani lamentano una carenza di posti dove suonare e un ribasso allarmante nei compensi. Com’è la situazione a tuo parere?
PM: Non ricordo il nome del filosofo che sostenne che non esiste ottimismo e pessimismo, esiste soltanto la realtà delle cose, che possono essere positive o negative. Oggi guardando il nostro mondo realisticamente, una mente viva può constatare che non si sta attraversando un bel periodo. Certo c’è il ritorno del vinile, ma è un mondo di nicchia. Chiedi al tuo vicino di casa che fa il commercialista se ascolta musica in vinile… Ti chiederà cos’è il vinile. Lol
Le palestre per i giovani musicisti (ce ne sono di bravissimi!), intendo posti dove potersi fare le ossa, non esistono più: le sale da ballo ad esempio. Non sai quanto ho imparato nelle sale da ballo negli anni ‘70 suonando “Disco Inferno” o “Staying Alive” essendo pure pagato profumatamente; però non si può fare un rewind sul Tempo, sarebbe pure grottesco e ridicolo, e quindi tanto vale vivere quello attuale cercando di tirare fuori il meglio da questo momento storico e il meglio di noi stessi.
PM: Non ricordo il nome del filosofo che sostenne che non esiste ottimismo e pessimismo, esiste soltanto la realtà delle cose, che possono essere positive o negative. Oggi guardando il nostro mondo realisticamente, una mente viva può constatare che non si sta attraversando un bel periodo. Certo c’è il ritorno del vinile, ma è un mondo di nicchia. Chiedi al tuo vicino di casa che fa il commercialista se ascolta musica in vinile… Ti chiederà cos’è il vinile. Lol
Le palestre per i giovani musicisti (ce ne sono di bravissimi!), intendo posti dove potersi fare le ossa, non esistono più: le sale da ballo ad esempio. Non sai quanto ho imparato nelle sale da ballo negli anni ‘70 suonando “Disco Inferno” o “Staying Alive” essendo pure pagato profumatamente; però non si può fare un rewind sul Tempo, sarebbe pure grottesco e ridicolo, e quindi tanto vale vivere quello attuale cercando di tirare fuori il meglio da questo momento storico e il meglio di noi stessi.
BMF: Quali sono i tuoi progetti per il 2020 e per il futuro in generale?
PM: Nessuno, vivo giorno per giorno.
PM: Nessuno, vivo giorno per giorno.

Luca De Pasquale-Manuela Avino2020
PIER MICHELATTI MAIN DISCOGRAPHY
ANNA OXA |
ADRIANO CELENTANO
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FABRIZIO DE ANDRè - DORI GHEZZI |
FIORELLA MANNOIA |
ENZO JANNACCI - ROBERTO VECCHIONI - FABIO CONCATO |
VASCO ROSSI -
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