OGNUNO HA IL SUO RACCONTO....
INTERVISTA A
RED CANZIAN
INTERVISTA A
RED CANZIAN
«Il basso fretless ha un suono che mi affascina… la prima volta che lo sentii fu in un club di New York, dove suonavano appunto i Weather Report. Era il 1977 e non capivo come facesse Jaco Pastorius ad ottenere quel suono… ma siccome facevano due set, nella pausa mi avvicinai al palco, e toccai la tastiera del suo Fender Jazz e di colpo fu tutto chiaro»
La nostra intervista con Red Canzian inizia nel lontano 2020, quando, oltre la sua squisita disponibilità, ci arrivò una copia del suo sincero e appassionante libro “Ho visto sessanta volte fiorire il calicanto”, un libro che ci sentiamo di consigliare a chiunque ami la lettura di storie vere, affrontate con onestà intellettuale e purezza d’animo.
Non staremo qui a ripercorrere ciò che è accaduto, il Covid, lo iato attraverso il quale il nostro sito web è passato (per fortuna indenne), il grande successo di Casanova, l’opera rock portata avanti da Red; quel che conta è che finalmente l’intervista con Red è quella cui questa piccola introduzione prelude.
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Dell’importanza capitale dei Pooh e di Red Canzian nella storia della canzone italiana, e non solo, non dobbiamo persuadere nessuno, nè tantomeno della indiscutibile perizia strumentale di Red, bassista convincente e sorprendente, tanto attratto da una scrupolosa e sobria solidità quanto vicino, come spesso dimostrato, a dinamiche bassistiche di grande eleganza, con un occhio di riguardo per il basso fretless.
Da sempre consigliamo l’ascolto delle linee di basso negli album dei Pooh, in particolare nella forchetta temporale che va da Poohlover (1976) ad Oasi (1988); la capacità di Red è quella di sorprendere, spiazzare e confermare che per suonare il basso in una grande e popolarissima pop band non si può
certo essere personaggi di passaggio.
Da sempre consigliamo l’ascolto delle linee di basso negli album dei Pooh, in particolare nella forchetta temporale che va da Poohlover (1976) ad Oasi (1988); la capacità di Red è quella di sorprendere, spiazzare e confermare che per suonare il basso in una grande e popolarissima pop band non si può
certo essere personaggi di passaggio.
Tra i brani che reputiamo molto rappresentativi del talento bassistico di Red ci piace ricordare la stupenda Gatto Di Strada, e ancora Dove Sto Domani, Stagione Di Vento, Una Domenica Da Buttare, Una Donna Normale e tutto il live Palasport come vero e proprio manuale di basso live.
Ci sentiamo, infine, anche di raccomandare gli album solisti di Red Canzian, tutti votati a una luminosa e coinvolgente spontaneità espressiva, liberi da condizionamenti di mercato e smanie protagonistiche che non fanno parte dell’etica lavorativa e artistica di un artista come Red.
Ci piace dunque ringraziare ancora Red per la pazienza, per il contributo e per le doti umane che sono bagaglio di ogni uomo che possa definirsi vero artista.
Ci sentiamo, infine, anche di raccomandare gli album solisti di Red Canzian, tutti votati a una luminosa e coinvolgente spontaneità espressiva, liberi da condizionamenti di mercato e smanie protagonistiche che non fanno parte dell’etica lavorativa e artistica di un artista come Red.
Ci piace dunque ringraziare ancora Red per la pazienza, per il contributo e per le doti umane che sono bagaglio di ogni uomo che possa definirsi vero artista.
BMF: Sappiamo che la tua maggiore influenza è stata Jaco Pastorius, che vedesti dal vivo negli USA con i Weather Report. Quali altri bassisti sono stati per te un’ispirazione?
Red Canzian: Ho cominciato a suonare “tardi” il basso… e quindi ricordo i bassisti che ascoltavo da… chitarrista. E quindi tutti quelli dei gruppi rock degli anni ‘60/’70, come Roger Glover dei Deep Purple, Jack Bruce dei Cream, Roger Waters dei Pink Floyd, Chris Squire degli Yes, che ho conosciuto e frequentato agli Stone Castle Studios di Carimate, dove registravamo nello stesso periodo in studi attigui… lui veniva ogni mattina in studio da me, parlavamo di come stavano andando le rispettive incisioni, ascoltava qualcosa, io bevevo un caffè… avevamo due Rickenbacker identici, io e lui, e mi ricordo che un giorno li appoggiammo sul divano dello studio, vicini… era un brav’uomo. Infine quello che più sento vicino, in quanto bassista, cantante e compositore come me, è Paul McCartney.
Red Canzian: Ho cominciato a suonare “tardi” il basso… e quindi ricordo i bassisti che ascoltavo da… chitarrista. E quindi tutti quelli dei gruppi rock degli anni ‘60/’70, come Roger Glover dei Deep Purple, Jack Bruce dei Cream, Roger Waters dei Pink Floyd, Chris Squire degli Yes, che ho conosciuto e frequentato agli Stone Castle Studios di Carimate, dove registravamo nello stesso periodo in studi attigui… lui veniva ogni mattina in studio da me, parlavamo di come stavano andando le rispettive incisioni, ascoltava qualcosa, io bevevo un caffè… avevamo due Rickenbacker identici, io e lui, e mi ricordo che un giorno li appoggiammo sul divano dello studio, vicini… era un brav’uomo. Infine quello che più sento vicino, in quanto bassista, cantante e compositore come me, è Paul McCartney.
BMF: Con “Ci penserò domani” hai siglato il primo solo di basso fretless in un brano pop rock italiano. Il tuo rapporto con il fretless è distintivo, pensando anche a brani come “Stagione di vento” e “Con gli occhi chiusi” dal tuo primo album solista. Dopo aver reso fretless il tuo leggendario Gibson Grabber, puoi dirci con quali altri bassi fretless ti sei maggiormente sentito a tuo agio?
RC: Il basso fretless ha un suono che mi affascina… la prima volta che lo sentii fu in un club di New York, dove suonavano appunto i Weather Report. Era il 1977 e non capivo come facesse Jaco Pastorius ad ottenere quel suono… ma siccome facevano due set, nella pausa mi avvicinai al palco, e toccai la tastiera del suo Fender Jazz e di colpo fu tutto chiaro. |
Il basso fretless in realtà è un “ponte“ tra uno strumento d’accompagnamento, come viene considerato il basso, e la chitarra, strumento solista e melodico, dal quale provengo. Ne ho di meravigliosi… oltre al mitico Gibson Grabber, da me trasformato in fretless con un cacciavite col quale ho tolto i tasti, ho un Fender Jazz che suona davvero bene, il Laurus 5 corde nero che è un semi fretless su mio progetto e ora il gioiello assoluto: un nuovo Laurus 4 corde con MI e LA con i tasti e RE e SOL senza tasti, e questo per tutta la lunghezza della tastiera. |
È un altro mio progetto, più funzionale del Laurus 5 corde. Questo ha una camera tonale che definisce il suono, ha degli spoiler nelle selle dove poggiano le corde che allungano il sustain, è passivo come i bassi di una volta e la tavola del corpo è di un meraviglioso legno di castagno americano che ha più di 40 anni.
BMF: In un brano molto tirato dei Pooh, “Caro me stesso mio”, ricorri alla tecnica slap. Ti piace? La senti “tua”?,
RC: No… sinceramente non mi sono mai applicato molto nello slap… c’è poco funky nella mia vita… :)
BMF: Potresti descriverci le differenze (di intenti, compositive, interiori) tra i tuoi lavori solisti, partendo da “Io e Red” del 1986?
RC: “Io e Red”, inciso nel 1986, è un disco vario e per certi versi ingenuo e puro, nel quale però mi sono misurato con autori di testi importanti come Paolo Conte, Roberto Vecchioni, Enrico Ruggeri, oltre ovviamente a Valerio Negrini e Stefano D’Orazio. Un disco dove appaiono voci femminili in vari duetti (Delia Gualtiero, Loredana Bertè) e dove non c’è ancora una linea stilistica assoluta. È un lavoro che spazia e racconta un po’ tutto quello che avevo vissuto e stavo vivendo, ma lo ritengo un buon lavoro.
RC: No… sinceramente non mi sono mai applicato molto nello slap… c’è poco funky nella mia vita… :)
BMF: Potresti descriverci le differenze (di intenti, compositive, interiori) tra i tuoi lavori solisti, partendo da “Io e Red” del 1986?
RC: “Io e Red”, inciso nel 1986, è un disco vario e per certi versi ingenuo e puro, nel quale però mi sono misurato con autori di testi importanti come Paolo Conte, Roberto Vecchioni, Enrico Ruggeri, oltre ovviamente a Valerio Negrini e Stefano D’Orazio. Un disco dove appaiono voci femminili in vari duetti (Delia Gualtiero, Loredana Bertè) e dove non c’è ancora una linea stilistica assoluta. È un lavoro che spazia e racconta un po’ tutto quello che avevo vissuto e stavo vivendo, ma lo ritengo un buon lavoro.
Il secondo, “L’istinto e le stelle“ è un concept album, con una linea più definita, un lavoro complesso e completo, con tanto di narrazione attraverso un DVD di tutta la fase di preparazione e con tante “bonus track”… appaiono anche i Capsicum Red, il mio primo gruppo, e poi tanti musicisti meravigliosi che mi hanno accompagnato… Oltre a Miki Porru, autore di razza col quale lavoro da sempre, ho avuto altri ospiti nella stesura dei testi… amici come Giuliano Sangiorgi e Ivano Fossati.
Il terzo, “Testimone del tempo”, è quello che più mi rappresenta in questo momento… un po’ ballad, un po’ rock, un po’ prog… ci sono canzoni importanti per il loro contenuto ed è interamente suonato, spesso in presa diretta, dove siamo poi intervenuti a mettere in “bella copia” alcune cose. Sono stato in studio a provare e a suonare i brani fino a quando non avevamo una take che girasse bene, sulla quale poi mettere le mani per ottimizzare, ma senza perdere la spontaneità dell’esecuzione. Anche quando canto un pezzo, lo canto 3 volte di seguito… poi scelgo le parti migliori e faccio un compo… fine. Più passa il tempo e più sono per l’essenzialità. Detesto i playback e ho rinunciato ad alcuni passaggi televisivi proprio perché era impossibile cantare dal vivo.
BMF: Sei considerato unanimemente uno dei migliori bassisti in ambito pop rock e chiaramente prog. La scuola italiana di basso, sin dagli anni settanta, è particolarmente rinomata tra gli addetti ai lavori. Quali colleghi hai maggiormente stimato e quali bassisti italiani ti piacciono oggi?
RC: Io sono un fan dei miei colleghi e quando sento suonare bene il basso provo la stessa sensazione di “sicurezza” che provi abitando una casa ben costruita, con solide fondamenta. Non voglio nominarne alcuni perché ne escluderei degli altri, e io amo troppo la categoria… credo comunque che in Italia ci sia una percentuale di bassisti bravi molto alta!
BMF: Restando in ambito rock progressivo, ci sono tantissimi bassisti provenienti da quel mondo che hanno scritto la storia dello strumento: Chris Squire, John Wetton, Pekka Pohjola, Greg Lake… Chi preferivi tra loro? Vorremmo anche la tua autorevole opinione su Mike Rutherford dei Genesis, sul quale ci si divide da sempre. Alcuni lo ritengono un genio “armonico” del basso, altri addirittura sostengono si tratti di un chitarrista prestato al basso (!!!)
RC: Mike Rutherford è un po’ come me, un chitarrista approdato al basso… poi, a me piaceva molto Chris Squire… potrei suonare ancora oggi, a memoria, tutte le sue parti di basso di “Fragile”, album degli Yes che ho consumato a forza di ascoltarlo.
RC: Io sono un fan dei miei colleghi e quando sento suonare bene il basso provo la stessa sensazione di “sicurezza” che provi abitando una casa ben costruita, con solide fondamenta. Non voglio nominarne alcuni perché ne escluderei degli altri, e io amo troppo la categoria… credo comunque che in Italia ci sia una percentuale di bassisti bravi molto alta!
BMF: Restando in ambito rock progressivo, ci sono tantissimi bassisti provenienti da quel mondo che hanno scritto la storia dello strumento: Chris Squire, John Wetton, Pekka Pohjola, Greg Lake… Chi preferivi tra loro? Vorremmo anche la tua autorevole opinione su Mike Rutherford dei Genesis, sul quale ci si divide da sempre. Alcuni lo ritengono un genio “armonico” del basso, altri addirittura sostengono si tratti di un chitarrista prestato al basso (!!!)
RC: Mike Rutherford è un po’ come me, un chitarrista approdato al basso… poi, a me piaceva molto Chris Squire… potrei suonare ancora oggi, a memoria, tutte le sue parti di basso di “Fragile”, album degli Yes che ho consumato a forza di ascoltarlo.
Ricordo che nel primo album che ho registrato con i Pooh, Parsifal, suonavo il basso, un Rickenbacker stereo, color legno chiaro, e lo suonavo solo con il plettro e sempre nella parte alta della tastiera, a cercare l’estensione della chitarra, e poi mi veniva da doppiare le frasi dell’orchestra… insomma, un bassista con la sindrome da “ottavino”, come mi diceva il maestro Franco Monaldi :) |
BMF: Di quali brani dei Pooh sei più fiero, in termini di linee di basso?
RC: Io ho cercato di dare e dire in ogni brano qualcosa di mio che restasse… dopo “Ci penserò domani”, mi piacciono tutti i brani con frasi solistiche di fretless… una delle cose più interessanti che ho fatto credo sia l’introduzione dal vivo nel brano “Lindbergh”, dove il basso crea suggestioni che portano ad immaginare quel pazzesco volo notturno New York – Parigi.
RC: Io ho cercato di dare e dire in ogni brano qualcosa di mio che restasse… dopo “Ci penserò domani”, mi piacciono tutti i brani con frasi solistiche di fretless… una delle cose più interessanti che ho fatto credo sia l’introduzione dal vivo nel brano “Lindbergh”, dove il basso crea suggestioni che portano ad immaginare quel pazzesco volo notturno New York – Parigi.
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BMF: Tra le tue molteplici attività, sei stato anche produttore: Genova&Steffan, Marco Armani, Colorado, Gianni Togni, Miki Porru, Lipstick… che ricordi hai di quelle esperienze?
RC: Ogni esperienza serve a capire, a farti crescere… le mie produzioni, tra le quali ci sono anche Delia Gualtiero, Chiara Canzian, gli Archimia, magico quartetto d’archi, Alberto Tessarotto, giovane talento del pianoforte classico, Arianna Cleri, grande voce rock, sono legate al fatto che io dall’83 ho sempre avuto miei studi di registrazione e ho sempre cercato di riproporre il concetto della “Factory”… un luogo frequentato da musicisti e artisti provenienti da mondi diversi che si incontrano per creare musica e quindi, comunicazione. Sono stati tutte produzioni di livello, di attenta realizzazione e sempre accolte in modo positivo dalla critica.
RC: Ogni esperienza serve a capire, a farti crescere… le mie produzioni, tra le quali ci sono anche Delia Gualtiero, Chiara Canzian, gli Archimia, magico quartetto d’archi, Alberto Tessarotto, giovane talento del pianoforte classico, Arianna Cleri, grande voce rock, sono legate al fatto che io dall’83 ho sempre avuto miei studi di registrazione e ho sempre cercato di riproporre il concetto della “Factory”… un luogo frequentato da musicisti e artisti provenienti da mondi diversi che si incontrano per creare musica e quindi, comunicazione. Sono stati tutte produzioni di livello, di attenta realizzazione e sempre accolte in modo positivo dalla critica.
BMF: Una domanda curiosa. Nel 1998 hai scritto e interpretato, con i tuoi figli, l’inno del Treviso Calcio e nel 2007 ti sei ripetuto per la Benetton Rugby. Sei tifoso del Treviso? Pensi che ci siano possibilità che possa rientrare in una serie calcistica degna del bacino della città? Nel 2005-2006 ci fu la splendida promozione in A, funestata però da molta sfortuna e qualche ingenuità…
RC: In realtà io non capisco molto né di calcio né di rugby, ma Treviso è la mia città e ho scritto con entusiasmo questi due inni… quello per il Treviso Calcio, società alla quale auguro il meglio, l’ho scritto un po’ anche per mio papà, che era un grande tifoso di questa squadra fin da bambino, quando si infilava sotto la rete che circondava lo stadio, per entrare a vedere le partite senza pagare. E per lui, vedermi cantare l’inno al centro del campo, prima della partita, accompagnato dai miei figli, Phil al pianoforte e Chiara che cantava con me, è stato un grande momento, pieno di orgoglio.
RC: In realtà io non capisco molto né di calcio né di rugby, ma Treviso è la mia città e ho scritto con entusiasmo questi due inni… quello per il Treviso Calcio, società alla quale auguro il meglio, l’ho scritto un po’ anche per mio papà, che era un grande tifoso di questa squadra fin da bambino, quando si infilava sotto la rete che circondava lo stadio, per entrare a vedere le partite senza pagare. E per lui, vedermi cantare l’inno al centro del campo, prima della partita, accompagnato dai miei figli, Phil al pianoforte e Chiara che cantava con me, è stato un grande momento, pieno di orgoglio.
BMF: Non posso non rivolgerti una domanda sulla tua attività di scrittore. Come vivi il rapporto con la scrittura? Sei un accanito lettore? Cosa ti piace leggere?
RC: Con la scrittura ho un ottimo rapporto in quanto mi aiuta a scaricare passioni e pensieri che a volte sono difficili da raccontare con le parole dette. Leggo molti romanzi storici, ultimamente… e da uno di questi ho trovato ispirazione per scrivere l’opera della mia vita… un’opera ambientata nella Venezia del ‘700… dedicata alla figura più iconica della Serenissima: Giacomo Casanova. Il pubblico ci ha premiato con una serie di sold out infinita, abbiamo ricevuto il Leone di San Marco e siamo stati premiati con il Premio Flaiano, come miglior Musical 2023, premio che ho condiviso con mia moglie Bea e i miei figli Chiara e Phil, preziose figure nella realizzazione del progetto. Ora Casanova Operapop diventa un Film che presenteremo il 2 settembre a Venezia, fuori concorso, in occasione dell’80. Mostra Internazionale di Cinematografia… e per Novembre uscirà il DVD del film, con un secondo DVD nel quale tutti coloro che hanno lavorato e collaborato allo spettacolo raccontano del loro operato. |
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BMF: “Testimone del tempo” è uscito anche in vinile e sono stati editati dei singoli in vinile colorato. Cosa pensi della rinascita del vinile (e delle cassette, da poco nuovamente sul mercato)?
RC: Il vinile, e le dimensioni delle copertine, ridanno valore e attenzione alla musica. Per ascoltare un album non puoi metterlo su e lasciarlo andare, come succede con una play list che può essere infinita… con il vinile, ogni 20 minuti al massimo, ti devi alzare e andare a girare facciata… insomma, è un modo più fisico di partecipare all’ascolto… e poi le copertine, grandi 30x30 offrono spazio per foto e grafiche importanti e narrative. |
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BMF: Sappiamo che suoni il violoncello. Che rapporto hai con il contrabbasso? Dal vivo hai spesso suonato un contrabbasso elettrico… Tony Levin non si separa più da anni dal suo Ned Steinberger…
RC: Il violoncello lo suonavo per necessità in Pierre… ho anche suonato il violino ne “Il tempo, una donna, la città”, ma non sono certo un virtuoso di questi strumenti. Il contrabbasso elettrico, quello che ho usato nel ’90 a Sanremo per “Uomini soli” è invece un ottimo strumento costruito da un liutaio americano e che sento molto mio, continuo ad usarlo e mi diverte molto, anche perché ho trovato il modo di farlo stare in piedi da solo e mi posso muovere in libertà. |
BMF: Cantare e suonare il basso, secondo i più grandi saggisti musicali, è molto più difficile di tutte le altre possibili combinazioni, includendo anche la batteria. Sei d’accordo con questa affermazione? E se sì, perché?
RC: Credo di sì… poi, se ami una cosa e ti impegni a farla bene, tutto diventa comunque naturale… di sicuro un bassista cantante non sarà mai un virtuoso dello strumento, a livello di tecnica… impossibile cantare bene e suonare in modo troppo complesso… c’è sempre bisogno di trovare un balance tra le due cose… il canto, in un live, si sente di più del basso, ma se il basso non è giusto, anche il canto rischia di essere impreciso.
RC: Credo di sì… poi, se ami una cosa e ti impegni a farla bene, tutto diventa comunque naturale… di sicuro un bassista cantante non sarà mai un virtuoso dello strumento, a livello di tecnica… impossibile cantare bene e suonare in modo troppo complesso… c’è sempre bisogno di trovare un balance tra le due cose… il canto, in un live, si sente di più del basso, ma se il basso non è giusto, anche il canto rischia di essere impreciso.
BMF: Tuo figlio Phil ha suonato la batteria con Pino Daniele, verso il quale hai sempre avuto grandi attestazioni di stima. Ci sono stati altri artisti della scena napoletana che ti sono piaciuti?
RC: Sono amico di Enzo Avitabile, che ospitai tanti anni fa al Castello di Carimate nei miei studi, di Tullio De Piscopo, e di Gigi D’Alessio, che al di là dei suoi successi discografici che lo hanno fatto conoscere al grande pubblico, è un grande pianista. |
BMF: Credo di non essere certo l’unico a pensare che il fenomeno e la dinastia Pooh siano assolutamente irripetibili. Ti sei mai chiesto se in effetti potesse crescere qualche “erede”?
RC: Ci sono ottime band, e soprattutto buoni giovani musicisti, ma non ci sono più le condizioni socio-politiche per far sì che una band possa durare 50 anni come i Pooh. È cambiato tutto: la discografia oramai quasi non esiste, i talent esaltano l’ego e non il lavoro di squadra e poi, tutto è troppo veloce e non c’è più la cultura della costruzione di un progetto, con pazienza e con coscienza. |
BMF: Che musica ascolti oggi? C’è qualche artista che ti ha particolarmente colpito, qualcuno che vorresti produrre o “chiocciare”?
RC: Ascolto tutto ma poco di quello che ascolto mi entusiasma… tutti cantano bene, tutti suonano bene, ma c’è poca anima perché c’è poco marciapiede, poca gavetta… e allora aspetto il disco di Sting, di Paul McCartney, degli U2, dei Muse, dei Coldplay e di pochi altri… e sogno che un giorno nascano altri due Simon e Garfunkel o Lennon-McCartney.
RC: Ascolto tutto ma poco di quello che ascolto mi entusiasma… tutti cantano bene, tutti suonano bene, ma c’è poca anima perché c’è poco marciapiede, poca gavetta… e allora aspetto il disco di Sting, di Paul McCartney, degli U2, dei Muse, dei Coldplay e di pochi altri… e sogno che un giorno nascano altri due Simon e Garfunkel o Lennon-McCartney.
BMF: Questi sono stati gli anni del Covid-19, del lockdown, di tante persone che hanno perso il lavoro o dovuto chiudere attività faticosamente ideate e gestite, magari in famiglia. Cosa ti ha lasciato dentro l’esperienza del lockdown? Quali le tue riflessioni rispetto a questo evento? E quanto la pandemia è andata a intaccare il mondo della musica e i suoi lavoratori? Quali i tuoi progetti per l'immediato futuro?
RC: Per me il lockdown è stato un tempo utile per finire tanti progetti che avevo iniziato e mi stavano aspettando… è stata anche l’occasione per scoprire di “avere una casa“ che negli ultimi 30 anni non avevo mai frequentato per più di dieci giorni di seguito… poi, però, con la ripartenza sono emersi i veri problemi, soprattutto per chi lavorava nella musica e nello spettacolo. Questo lungo fermo ha costretto molte persone a cambiare mestiere… io ho fatto il primo concerto in Italia dopo il lockdown, il 15 giugno, a Treviso, per dare un segnale di ripartenza, per confortare chi era fermo e senza prospettive per il suo lavoro… mi sono inventato concerti piano, voce e basso per quel grande bisogno di palcoscenico che avevo, ma anche per aiutare i miei uomini, quelli che in tempi normali mi hanno permesso di fare grandi cose e prendere l’applauso del pubblico… musicisti, tecnici, autisti… E mi sono battuto affinchè ci fosse più attenzione per gli oltre 400.000 lavoratori dello spettacolo che vivono del loro lavoro quotidiano.
RC: Per me il lockdown è stato un tempo utile per finire tanti progetti che avevo iniziato e mi stavano aspettando… è stata anche l’occasione per scoprire di “avere una casa“ che negli ultimi 30 anni non avevo mai frequentato per più di dieci giorni di seguito… poi, però, con la ripartenza sono emersi i veri problemi, soprattutto per chi lavorava nella musica e nello spettacolo. Questo lungo fermo ha costretto molte persone a cambiare mestiere… io ho fatto il primo concerto in Italia dopo il lockdown, il 15 giugno, a Treviso, per dare un segnale di ripartenza, per confortare chi era fermo e senza prospettive per il suo lavoro… mi sono inventato concerti piano, voce e basso per quel grande bisogno di palcoscenico che avevo, ma anche per aiutare i miei uomini, quelli che in tempi normali mi hanno permesso di fare grandi cose e prendere l’applauso del pubblico… musicisti, tecnici, autisti… E mi sono battuto affinchè ci fosse più attenzione per gli oltre 400.000 lavoratori dello spettacolo che vivono del loro lavoro quotidiano.
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BMF: In ultimo, una domanda sulla grande forza che hai avuto nel superare un impegnativo problema di salute. Questa esperienza ha modificato e arricchito il tuo approccio alla vita?
RC: La vita propone svolte inaspettate e grandi dolori forse solo a chi è in grado di superarli, passando attraverso processi di cambiamento non sempre facili… ma è andata bene, e oltre alla salute, i miei problemi sono serviti a rinforzare la mia anima… mi hanno insegnato la grandezza delle cose semplici, e ho imparato ad apprezzare ancora di più quello che avevo… che credo sia il vero segreto della felicità. Del resto la vita propone anche belle sorprese e tante occasioni: pensa che mi chiesero di andare a cantare con loro anche i Ribelli, quando il loro cantante, Demetrio Stratos, se ne andò per formare gli Area… poi mi chiesero di seguirli in Inghilterra anche gli UFO, mi volevano come chitarrista, dopo un tour in Italia dove, con il mio gruppo, i Capsicum Red, facevamo loro da spalla… e poi arrivarono i Pooh… insomma, voglio dire che la vita è la più bella delle avventure… a volte decide per noi, a volte lascia a noi il compito di decidere per il nostro destino, a volte si “distrae” e lascia al caso la direzione degli eventi… ma va bene così!
RC: La vita propone svolte inaspettate e grandi dolori forse solo a chi è in grado di superarli, passando attraverso processi di cambiamento non sempre facili… ma è andata bene, e oltre alla salute, i miei problemi sono serviti a rinforzare la mia anima… mi hanno insegnato la grandezza delle cose semplici, e ho imparato ad apprezzare ancora di più quello che avevo… che credo sia il vero segreto della felicità. Del resto la vita propone anche belle sorprese e tante occasioni: pensa che mi chiesero di andare a cantare con loro anche i Ribelli, quando il loro cantante, Demetrio Stratos, se ne andò per formare gli Area… poi mi chiesero di seguirli in Inghilterra anche gli UFO, mi volevano come chitarrista, dopo un tour in Italia dove, con il mio gruppo, i Capsicum Red, facevamo loro da spalla… e poi arrivarono i Pooh… insomma, voglio dire che la vita è la più bella delle avventure… a volte decide per noi, a volte lascia a noi il compito di decidere per il nostro destino, a volte si “distrae” e lascia al caso la direzione degli eventi… ma va bene così!
Luca De Pasquale-Manuela Avino2023